La vita in un villaggio palestinese nella Cisgiordania occupata. Una testimonianza da Sami Huraini, attivista della resistenza non violenta

di Luisa Stendardi

In collaborazione con l’associazione Assopace Palestina , rappresentata da Cecilia De Luca, e il Comitato Sapienza per la Palestina ,si è svolto di recente un incontro , presso il Dipartimento di Studi Orientali della Sapienza, moderatrice la docente Laura Guazzone.

Si tratta di un seminario, rivolto in primis agli studenti ,come specifica nell’introduzione la moderatrice , e a quanti seguono l’attività di Assopace Palestina che da molti anni opera nei territori occupati della Cisgiordania con iniziative a sostegno delle difficili condizioni di vita della popolazione palestinese.

L’obiettivo è quello di avere un incontro in diretta, in persona con Sami Huraini , un rappresentante dei Comitati popolari della Cisgiordania che applicano la resistenza non violenta all’occupazione militare israeliana in vigore dal 1967. Sami è invitato a parlare delle attività dei Comitati popolari nella situazione di discriminazione e di grave limitazione dei diritti individuali, civili, di opinione che vive la popolazione palestinese nei territori occupati della Cisgiordania,di Gerusalemme est e di Gaza. Durante l’incontro è previsto un contatto internet, con l’associazione internazionale Colomba che svolge un prezioso lavoro di difesa e d’interposizione sia tra la popolazione palestinese residente , l’esercito israeliano, e più in generale le istituzioni dell’autorità occupante, sia nei confronti delle aggressioni dei coloni israeliani che abitano a ridosso delle terre palestinesi .

Sami è un giovane di 26 anni,attivista per i diritti umani, specializzato in diritto internazionale,nato in un villaggio della Palestina a sud di Hebron, At-Tuwani. La storia del suo attivismo nei Comitati popolari non violenti si riallaccia a quella della sua famiglia,di sua nonna e di suo padre,ed è quindi una lunga storia che parte dal 1948, dalla cacciata di circa 700 mila palestinesi dalle loro case ,la Nakba. In quel tragico momento storico “ Parte della mia famiglia è rimasta uccisa e parte ha trovato rifugio nel Villaggio di At.Tuwani .Successivamente all’occupazione del 67’, dagli anni 70 in poi,’ sono nati e cresciuti gli insediamenti illegali dei coloni israeliani e in particolare dagli anni 80’ è iniziata la costruzione di un grande insediamento proprio accanto alla casa della mia famiglia, la terra è stata confiscata e parallelamente avvenivano gli arresti dei miei famigliari, dei miei amici , del gruppo del villaggio. Per allontanare la popolazione locale sono state attuate forme molto violente: le persone sono state portate via dai camion militari e sono state demolite le case in presenza delle famiglie. Grazie a mio padre ,che è stato il fondatore del movimento della resistenza popolare, è nata la contrapposizione a questi trasferimenti forzati e si è creato un attivismo per favorire in vari modi il ritorno della popolazione nei villaggi di origine, attraverso iniziative per attirare l’attenzione dei giornalisti e delle organizzazioni internazionali , e a diverse azioni legali intraprese per ottenere il diritto al ritorno. Così nel 2000, La Corte israeliana ha emesso la sentenza che riconosceva il diritto della popolazione di poter tornare nelle proprie case ,e questo è avvenuto, ma purtroppo questa sentenza non è definitiva ,è solo temporanea”

Nonostante la sentenza infatti, sono continuate le vessazioni sulla popolazione, con incursioni notturne nelle case, per incutere paura e terrore e trasmettere la convinzione dell’impossibilità di svolgere una vita normale in quel territorio.
L’area ha attirato l’attenzione di diverse organizzazioni internazionali, tra cui l’l’Ong Operazione Colomba , che è venuta per testimoniare sulle condizioni di vita della popolazione palestinese nel territorio, per raccogliere e divulgare informazioni . L’Associazione si occupa anche di funzioni di difesa della popolazione , come per esempio accompagnare i pastori sulle colline senza subire attacchi e vigilare sui bambini che devono raggiungere la scuola , spesso oggetto di azioni violente da parte dei coloni.

Continua il,racconto di Sami, “ Mio padre e mia nonna erano a capo di queste manifestazioni di contrapposizione non violenta all’occupazione militare che consistevano in libere passeggiate sulla terre e manifestazioni settimanali, che sono state sempre contrastate dalla polizia e dall’esercito israeliano . Ci sono stati moltissimi e frequenti arresti di persone pacifiche, che passeggiavano. Io sin da bambino ho partecipato a queste attività, per la difesa della nostra terra. e la prima volta che sono stato in prigione avevo 15 anni . Successivamente. ho preso parte alla difesa del villaggio di Sarura dove le persone vivevano nelle grotte: un colono mi ha rotto una gamba, subiamo sempre attacchi dai coloni ,che non hanno mai conseguenze per i crimini che commettono. Attualmente sono in attesa dell’udienza finale di un lungo processo “.

Dal 7 ottobre 2023, dal giorno della strage di civili e militari in Israele compiuta dalle milizie di Hamas e da altre organizzazioni , non è più presente il servizio fornito da Colomba per l’accompagnamento dei bambini del villaggio che da allora non possono più frequentare la scuola.
La maggior parte dei coloni sono armati e gli episodi di violenza nei territori palestinesi sono sensibilmente aumentati.

Il seminario si conclude con le domande del pubblico , la professoressa Laura Guazzone , in qualità di moderatrice ,invita a formulare quesiti precisi e circoscritti , si fa avanti una rappresentante dell’Associazione Pace in Medio Oriente , che domanda la posizione di Sami nei confronti di Hamas . “Hamas è un partito, non sono io a negare che abbia una rappresentanza politica”, Il movimento dei Comitati popolari non violenti ritiene che senza la fine dell’occupazione militare, i palestinesi non potranno avere una rappresentanza politica democratica, né uno stato .
Altra domanda dal pubblico “ Come vede il futuro un ragazzo palestinese che ha vissuto questa tragedia?” Sami risponde , con amarezza, che il futuro non è chiaro ora, il cessate il fuoco è necessario , immediatamente , come è necessaria la liberazione dei tanti palestinesi in prigione.
La professoressa Guazzone precisa , in risposta ad altri interventi, che , per quanto riguarda lo statuto di Hamas quello in vigore oggi è la Carta aggiornata del 2017 che individua la possibilità di uno stato Palestinese nei territori occupati di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est.

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