“Lezioni a distanza, non è stato facile ma Monteverde Solidale non si è fermata”

di Stefania Pastorboni, docente dell’Organizzazione di volontariato Monteverde Solidale

Scuole chiuse. Tutti a casa. E gli studenti? Quando tra noi volontari di Monteverde Solidale si è cominciata a fare avanti l’ipotesi delle lezioni a distanza, un messaggio di uno studente su Whatsapp – Ciao prof, sono … Come stai? – è stato la molla decisiva per rompere gli indugi. Sono cominciate le telefonate agli studenti dell’istituto con cui cui collaboriamo come organizzazione di volontariato , quest’anno con la novità di portare avanti il Cantiere di cittadinanza, progetto della Tavola Valdese.

La situazione non era affatto facile. Alcuni numeri di telefono risultavano irraggiungibili, alcune telefonate erano senza risposta, in altri casi rispondevano i genitori (ben contenti di passarci i figli a dire il vero). Alla fine il numero dei ragazzi era di molto inferiore al previsto, ma, abituati come siamo a procedere in mezzo a mille difficoltà, ci siamo sentiti comunque soddisfatti. Il piano era questo: seguire i nostri studenti al mattino in due insegnanti, con videochiamate, coadiuvati al pomeriggio da una collega che avrebbe collaborato per così dire dall’esterno, sondando gli umori dei nostri fanciulli. Che dire? Ci è capitato di tutto. Dalle ragazze che all’inizio preferivano partecipare solo via audio, complicando assai le cose, a chi non si svegliava durante il Ramadan, pretendendo magari di fare lezione il pomeriggio, a chi invece ti chiedeva aiuto per un’interrogazione, anche da un giorno all’altro, facendo precedere la richiesta di aiuto dal solito messaggio: Ciao prof. Beh, che soddisfazione quando ci dicevano che l’interrogazione era andata bene oppure quando è arrivato il verdetto finale: ammesso alla classe successiva. Uno dei ragazzi ha addirittura fatto il salto dalla seconda alla quarta superiore (non certo soloper merito nostro).


Altro discorso per le signore del pomeriggio, le studentesse che prima della pandemia seguivano i corsi regolari della nostra associazione. Quelle che abbiamo rintracciato (l’unico maschio è risultato irreperibile) hanno aderito subito all’iniziativa e hanno accettato senza alcun problema di utilizzare la piattaforma da noi proposta. Così sin dal primo incontro è apparso chiaro che si stava rafforzando il legame che già in classe si era stabilito e che ora eravamo un gruppo di amiche unite dall’amore per la nostra bella lingua, anche se per loro, si aggiungeva il desiderio di padroneggiarla. A dire il vero tra noi insegnanti – quattro in tutto, alla quale si è poi aggiunta una giovanissima volontaria – c’era anche un rappresentante del sesso forte, molto abile peraltro dal punto di vista tecnologico, ma l’atmosfera che si respirava – almeno dal mio punto di vista – era quella di un tè fra amiche. Si fa lezione, si esercitano le varie competenze, ma quello che conta alla fine è confrontarsi sulla quotidianità, le difficoltà dello star chiusi in casa, la paura, i nuovi orari scanditi dal bollettino delle 18 (che a sorpresa seguivano tutte scrupolosamente). E, per alleggerire al tensione, quale migliore scacciapensieri del più inossidabile oggetto di conversazione che ci sia, la cucina.


La fine delle lezioni è stata preannunciata da una richiesta da parte delle signore: possiamo far slittare l’orario delle lezioni? Si ricominciava timidamente a mettere il naso fuori casa e le nostre studentesse intendevano giustamente provare ad assaporare la riconquistata libertà di godersi l’aria aperta. Così le loro esigenze si sono incontrate con le nostre. Si avvicinava la fine dell’anno scolastico e questa richiesta, che non potevamo accogliere, rendeva meno difficile la conclusione dell’esperienza. Che però non si è forse ancora chiusa del tutto. Abbiamo in programma di salutarci dal vivo, in qualche parco. Probabilmente ce la faremo. Ne vale la pena.

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