Il tempo per la Palestina sta finendo. Il Comitato Monteverde per la pace si mobilita

di Luisa Stendardi

Il 14 maggio u.s presso la sala Buttinelli di piazza della Trasfigurazione a Monteverde si è tenuto un incontro, organizzato dal Comitato Monteverde per la pace, con Luisa Morgantini, Presidente dell’associazione Assopace Palestina, di ritorno da una permanenza di tre mesi nei territori occupati della Cisgiordania dove la condizione della popolazione palestinese è a grave rischio di pulizia etnica , mentre il tempo per Gaza , colpita dalla fame e dai bombardamenti quotidiani da parte di Israele , sembra esaurirsi .

Gli attivisti del Comitato insieme a quelli di Assopace hanno allestito un piccolo banchetto all’ingresso della sala Buttinelli con i gadgets dei prodotti provenienti dai territori occupati:grembiuli, borse, collanine, piccoli oggetti frutto del lavoro di una popolazione stremata da decenni di privazioni e di soprusi.La raccolta fondi è quanto mai necessaria in questo momento di guerra senza fine che coinvolge, in maniera differente ,tutta la popolazione palestinese quella di Gaza e quella dei territori.
La sala è piena di gente e i posti a sedere scarseggiano, c’è molta sensibilità e interesse per l’argomento com’è stato dimostrato del resto dal successo inaspettato dell’iniziativa “Cinque minuti di buio per Gaza” , lanciata proprio dal Comitato Monteverde per la pace pochi giorni prima di quest’incontro .Tramite i social e il passaparola il testo del comunicato è stato ripreso da molti gruppi , associazioni e anche singole persone in diverse parti d’Italia attraverso la diffusione nella rete. Si trattava dell’invito a spegnere le luci in casa per cinque minuti in solidarietà con il buio che avvolge la popolazione di Gaza dopo un anno e sette mesi di morte e distruzione continua che avviene qui, sulle sponde nel mare nostrum , senza reazioni significative e dirimenti da parte dei governi europei: imposizioni di eventuali sanzioni ad Israele, interruzione degli accordi commerciali , dei rapporti tra istituzioni culturali. stop alla vendita e all’acquisto di armi.

Oltre alla testimonianza del lavoro di Luisa Morgantini, nell’incontro sono previsti due collegamenti , uno con un attivista di un villaggio palestinese in Cisgiordania e un altro con un attivista israeliano , mentre al tavolo degli invitati è presente accanto alla Morgantini un rappresentante di Tikkun – diaspora ebraica de-coloniale, parola difficile che il relatore riuscirà a spiegare molto bene.

Luisa Morgantini afferma di essere stravolta e nel contempo ci informa che alcuni partiti di opposizione si stanno muovendo con più decisione e meno cautele nel sostegno alla Palestina “ “Sono stravolta nel senso che arrivo da un incontro che abbiamo fatto oggi al Parlamento con l’ambasciatrice della Palestina, con i parlamentari e parte della società civile con cui partiamo domani (15 maggio) per tentare di raggiungere Rafah . E’ molto importante questa visita perché unisce i giornalisti che spero portino una visione diversa dalla narrazione israeliana, così come viene replicata dai media .Tra l’altro il PD, il Movimento 5 Stelle e AVS,hanno presentato una mozione che chiede il riconoscimento dello stato di Palestina, ma soprattutto chiede sanzioni ed è la prima volta che questo accade unitariamente con i tre partiti dell’opposizione, si richiede inoltre la sospensione dell’Accordo di associazione tra l’Unione europea e Israele ,e lo stop alla vendita e soprattutto all’acquisto di armi perché noi siamo dipendenti dal sistema militare israeliano. Certamente non ci saranno i numeri per farla approvare, ma sarebbe davvero importante che questi partiti chiamassero la società civile a manifestare davanti al Parlamento quando ci sarà la discussione della mozione e che fossero coinvolte anche le municipalità di altre città “
La condizione dei palestinesi diventa ogni giorno più preoccupante A Gaza è morta la pietà , la compassione oltre al diritto internazionale .A Gaza è genocidio, nessuno può discuterlo oramai, è vero giuridicamente e soprattutto è vero nei fatti, i ministri israeliani messianici lo dicono apertamente ,li affamiamo tutti, distruggeremo tutte le case così non potranno più tornare”
Per la Cisgiordania la situazione è molto pericolosa, intorno ai villaggi i soldati israeliani fanno addestramento militare e vogliono togliere ai palestinesi il diritto di stare su quella terra.
In questi mesi, dopo il 7 Ottobre i coloni sono diventati sempre più aggressivi e violenti . Nei villaggi la resistenza non è armata, ma popolare e non violenta, la resistenza è restare lì, in un legame con la terra che è ancestrale e si trasmette da generazione in generazione Resistere è assistere alla distruzione delle case, ai soprusi, alle violenze, il film ,vincitore del premio oscar “No other Land” , prodotto e diretto da un collettivo israelo- palestinese descrive bene la condizione dei villaggi e la grande forza morale e psicologica della popolazione. L’associazione Assopace Palestina ha sostenuto e sostiene ,con progetti specifici, i giovani dei villaggi nella loro formazione universitaria .
Nel campo profughi di Jenin , oggi svuotato completamente dai soldati israeliani,c’è un teatro importantissimo, dove l’arte viene vissuta da molti anni come una forma di resistenza. Il teatro è stato fondato durante la prima intifada da una donna ebrea Fatima ,sposata con un palestinese, Lei ora è morta , il figlio Giuliano ,diceva : io sono ebreo al per cento per cento e palestinese al cento per cento.” riferisce la Morgantini “ Io ringrazio molto il movimento Tikkun , i giovani ebrei che vogliono decolonizzare non solo la politica di Israele ma anche la nostra politica perché siano i palestinesi stessi a decidere, loro devono essere i protagonisti del loro futuro”.


Il collegamento con l’attivista del villaggio palestinese non è molto facile da seguire. Problemi tecnici impediscono di sentire la voce di Mohamed che parla in inglese ,ma si può ascoltare solo la traduzione di un volontario presente nella sala. Il giovane racconta di essere un attivista dall’età di sedici anni, da quando accompagnava suo nonno a pascolare le pecore nella sua terra, che ora non esiste più. Oggi, ogni venerdì si organizzano delle manifestazioni ,anche con attivisti israeliani ,per contestare l’occupazione militare e la costruzione del muro di separazione che attraversa le terre palestinesi. Il villaggio dopo il 7 ottobre è bloccato da cancelli, entrare e uscire per i residenti è molto difficoltoso. Oggi i coloni sono 750 mila e stanno di fatto inglobando le terre palestinesi, addirittura ora si chiede ai palestinesi stessi di demolire le proprie case per evitare di ripagare all’occupante israeliano i costi delle demolizioni.

Dopo Mohamed , in mancanza del collegamento internet con l’attivista israeliano, prende la parola il giovane rappresentante del movimento Tikkun ”Dopo il 7 Ottobre mi trovavo a Copenaghen con il progetto Erasmus , che prevede lo scambio di studenti tra Università europee,e ho cercato un collettivo ebraico antisionista,a Copeghan c’è una comunità ebraica molto piccola ma molto politicizzata. Poi sono stato a Berlino a preparare una tesi sul collettivo ebraico antisionista tedesco e infine sono approdato al collettivo Tikkun , che in ebraico significa liberazione, tradotto politicamente in italiano: diaspora ebraica de-coloniale. Il collettivo nasce dall’esigenza di esplicitare il riconoscimento del sionismo come ideologia coloniale e razzista che sta alla base della Nakba continuativa che va avanti da quasi un secolo e del genocidio di Gaza. Leggendo i testi fondativi riteniamo che il sionismo nasca come ideologia coloniale, era il modo che i sionisti avevano di esprimere l’emancipazione ebraica attraverso la colonizzazione di un altro popolo. L’ebreo era stato vittima storicamente di logiche coloniali,che hanno portato allo sterminio , alla Shoah e sono le stesse logiche che hanno causato altri genocidi nella storia e che oggi portano al genocidio di Gaza. Noi riteniamo che sia giusto esplicitare la prospettiva de-coloniale sia nei confronti di Gaza , della Palestina ma anche nei confronti dell’ebraismo stesso, non abbiamo bisogno di emanciparci come ebrei attraverso la colonizzazione di un altro popolo . Noi rivendichiamo l’autonomia della diaspora ebraica dallo stato d’Israele” Parole molto forti, e molto chiare di un esponente di una corrente indubbiamente minoritaria all’interno del vivace e variegato mondo culturale ebraico, ma significative dell’intenso dibattito che anima l’attivismo politico in Europa , in Palestina e in Israele.
L’incontro si conclude con le domande dal pubblico, che ha seguito gli interventi con attenzione e partecipazione , la Morgantini saluta e ringrazia tutti i partecipanti, il giorno dopo partirà con la delegazione di parlamentari e giornalisti per tentare di raggiungere Rafah , “Qui in questa sala si sente il cuore ” Questo il commento finale agli organizzatori.

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