ll referendum sull’acqua pubblica compie 10 anni ma non c’è niente da festeggiare

di Luisa Stendardi, Comitato Roma 12 Beni Comuni

I comitati locali del Municipio XII ,che si estende da Monteverde al quartiere di Massimina, ed in particolare il Comitato Roma XII per i Beni Comuni , che è nato nel 2011 tra i banchetti per la raccolta di firme , hanno organizzato l ‘8 Giugno a piazza Scotti un sit in per il lancio della manifestazione nazionale indetta dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua che si terrà a Roma il prossimo 12 Giugno ,in occasione dei dieci anni trascorsi dalla vittoria referendaria perchè è ancora necessario scendere in piazza.

In realtà non si tratta di un festeggiamento, ma dell’ennesima discesa in campo delle forze che da molti anni seguono attentamente le vicende che ruotano intorno al diritto all’acqua per ribadire un tema sul quale la volontà popolare si era già espressa e molto chiaramente. Dieci anni fa , i Referendum abrogrativi sull’acqua , sul nucleare e su altri due quesiti sul legittimo impedimento avevano visto un’eccezionale partecipazione popolare e un altrettanto eccezionale raggiungimento del quorum del 51 per cento dei voti, che fu superato per tutti e quattro i quesiti . In particolare i quesiti dei “due Si per l’acqua pubblica” superarono il 54 per cento e il secondo , quello della determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito” fu il più votato in assoluto. In tutta Italia grandi festeggiamenti salutarono questa vittoria della volontà popolare che era stata il frutto dell’impegno e del coinvolgimento dal basso di tanti comitati cittadini che , in autonomia dai partiti politici , si erano autorganizzati per raccogliere i voti per le strade, nei parchi, durante le feste , quasi casa per casa.

Quindi l’8 Giugno a piazza Scotti, nel cuore del quartiere Monteverde, si parla ancora di lotta per l’acqua pubblica che oggi è insidiata non solo dal mancato rispetto del voto referendario che è stato in questi lunghi anni disconosciuto e disatteso nei fatti dalle istituzioni politiche a tutti i livelli, ma anche dalle recenti insidie della finanza globale che vorrebbe impossessarsi del bene acqua a fini speculativi.

La piazza , appena ristrutturata dopo molte polemiche sulla viabilità, è dotata di pochi punti di appoggio per gli striscioni e non è facile per gli organizzatori rendersi visibili con i loro simboli, soprattutto in un pomeriggio dal cielo cupo e minaccioso che non invita di certo alle passeggiate.

Verso le diciotto si dà inizio alla manifestazione con l’arrivo di Paolo Carsetti, uno storico esponente del Comitato romano e del Forum italiano dei movimenti per l’acqua.

Paolo inizia il suo intervento e per prima cosa ricorda il cosidetto Decreto di ferragosto dell’allora governo Berlusconi , con il quale l’attacco al risultato referendario non si fece attendere ., A, quaranta giorni dalla vittoria referendaria , su sollecitazione della Banca centrale europea,fu approvato un provvedimento che prevedeva la liberalizzazione delle forniture dei servizi pubblici locali, che in seguito fu bocciato dalla stessa Corte costituzionale in quanto sviliva l’art 75 della Costituzione che garantisce lo strumento referendario. Il contestato art 4 di questo decreto conteneva infatti la riproposizione letterale della norma abrogata dal referendum che riguardava tutti i servizi pubblici , prevedendone la privatizzazione ad eccezione dell’acqua,

Dopo poco tempo ,sulla tariffa del servizio idrico l’autorità di regolazione ha reintrodotto sotto mentite spoglie il calcolo precedente, e anche il profitto garantito ai gestori è stato rinominato”” costo della risorsa finanziaria” , una voce che noi paghiamo in tariffa e che di fatto rappresenta la stessa formula abrogata dal referendum,

Tutto questo è avvenuto nel primo anno e mezzo dalla vittoria referendaria ; oggi , nonostante le battaglie sostenute in questi anni dal movimenti anche per ‘approvazione della legge di iniziativa popolare per la gestione pubblica dell’acqua ,ferma da oltre tredici anni in Parlamento, rimasta sempre indiscussa, ci troviamo in una sistuazione ancora più preoccupante per la considerazione dell’acqua come diritto umano e come bene comune. Perchè? Purtroppo, alla fine del 2020, per la prima volta nella storia, è stata quotata in borsa non un’azienda che gestisce l’acqua ma l’acqua come risorsa e bene in sè. Negli Stati Uniti sulla borsa di Chicago , sono stati emessi i primi titoli che oggi riconosciamo come speculativi,i futures, sull’acqua presente nel territorio della California. Tutto questo è molto preoccupante per il futuro del diritto universale all’acqua come bene primario, indispensabile per la vita.

Dai tempi dei balli in piazza per la vittoria del Referendum, sono cambiate molte cose , anche le forze politiche più vicine al movimento come i Cinque stelle non sono riusciti a dare forma e concretezza a quel voto. che resta un vulnus nel nostro sistema giuridico anche perchè depotenzia uno degli strumenti più significativi dell’espressione della volontà popolare.

Non solo la legge d’iniziativa popolare non è stata discussa, ma mentre due importanti capitali europeee sono tornate indietro sulla privatizzazzione e a Parigi e Berlino l’acqua è stata ripubblicizzata, Roma che da millenni gode dell’abbondanza di sorgenti naturali , è costretta a ricorrere alla potabilizzazione dell’acqua del Tevere perchè la multiutility ACEA che gestisce il servizio non investe nella riparazione e manutenzione della rete idrica e si preferisce optare per la costosa opera del potabilizzatore, con gravi danni per l’ambiente e per la salute. Che dire , qui in Italia 57 milioni d’italiani hanno votato per la gestione pubblica e il movimento è ancora costretto a scendere il piazza; a Berlino, ci informa Paolo Carsetti, un semplice Referendum consultivo è bastato per far cambiare idea alla classe politica che amministra la città. Evidentemente da quelle parti le scelte e le preferenze dei cittadini su temi tanto importanti contano e pesano, da noi evidentemente non contano e non pesano.

IL 12 giugno quindi si tornerà in piazza con una manifestazione nazionale per continuare questa lotta che ,com’è stato sottolineato alla fine degli interventi ,è innanzi tutto una battaglia culturale. Quello che deve cambiare è una mentalità diffusa di rassegnazione all’esercizio di una politica ,asservita agli interessi finanziari, incapace di alzare la testa e di far rispettare i principi costituzionali dello stato di diritto. Deve cambiare una mentalità e un costume , come quello descritto da Paolo “Abbiamo persone che prima fanno gli amministratori delegati di grandi aziende e poi diventano ministri.Oppure succede che il Presidente dell’Autorità di regolazione ARERA una settimana prima faceva l’amministratore delegato di un ‘ Azienda che gestisce il servizio elettrico in Lombardia . E’ evidente che non posso passare da controllato a controllore nel giro di una settimana.” Senza questa “rivoluzione culturale” della politica anche istituzionale non sarà possibile combattere seriamente i cambiamenti climatici e i diritti fondamentali, come il diritto alla salute e l’accesso all’acqua non saranno mai realmente garantiti. Grandi temi per difficili battaglie.

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